martedì 8 gennaio 2013

MUSIQUE / Dal trespolo di casa sua - SPECIALE DAVID BOWIE

Where Are We Now? o del tempo che non esiste e del futuro che si brucia. 


Cari Piumati,

innanzi tutto buon anno nuovo. Che sia migliore del precedente e pieno di nuove ed emozionanti piume per tutti noi.

Lo so, sono sparito e non mi sono fatto vivo neanche in quei giorni in cui tutti tornano al nido per raccontare aneddoti e brindare come pulcini sinceri con chi si conosce da più tempo. Il fatto è che io sono un po' così, cambio come il vento e a dire molte cose preferisco tacerne tante di più. Non vi ho parlato come avreste meritato, uccellacci miei, dei passerotti innamorati di Wes Anderson, di un corvo anziano e necessario come l'ultimo 007, di un Hobbit paffuto come un Dodo e di chissà quante altre penne da schermo ancora ma vi saluto oggi con qualcosa di completamente diverso e necessario. Spero mi perdonerete così.

Oggi, 8 Gennaio 2013 è il sessantaseiesimo compleanno di David Bowie. Ok direte voi, tanti auguri al più bel gufo che si sia mai visto e anche a tutti i suoi piumatissimi alterego. E qui Vi sbagliate, carissimi miei. La festa la fa a sorpresa il festeggiato che a beffarci ci è sempre riuscito e rilascia oggi Where Are We Now?, singolo che anticipa il nuovo album in uscita a Marzo. 

(dalla Press Photo per The Day After, questo il titolo scelto per il nuovo album. David Bowie, oggi)

Spero sia inutile dirvi che sono dieci anni che non si sa nulla di David Bowie, o almeno di lui come musicista, tanto che anche Rolling Stone si chiedeva mesi fa che fine avesse fatto il nostro.
Va aggiunto però che Bowie ha scelto di tornare a Berlino. 
Per chiunque tra voi pennuti avesse scelto la Luna come meta della migrazione invernale negli ultimi trent'anni dico solo che Bowie ha realizzato lì, a Berlino, alcune delle sue opere più significative in quel periodo del suo volo artistico che è stato il passaggio a Nord Ovest dal ruolo ormai stretto di Ziggy Stardust, fantastica ma troppo glam cocorita, all'artista completo che noi ora conosciamo. Sul finire degli anni '70. E tutto questo anche grazie a quella misteriosa e distante aquila calva di Brian Eno.

Il richiamo al suo periodo berlinese pare tanto intimo e sincero da conferire al primo estratto di un album così significativo e aspettato una caratura di magia. Ok, direte, ecco Corvaldo che non riesce a trattenersi e si esalta per il ritorno di un suo mito. Bene. Vi dirò che avete ragione in parte. Sul fatto che io non riesca a trattenermi non ci piove, vangelo, sicuro! Sul fatto che David Bowie sia un mio mito ho qualche incertezza in più e sapete perché? Perché l'aggettivo "mio" esclude qualcuno di voi e questo non va bene, ecco! David Bowie è uno dei motivi, è uno di quei capisaldi per i quali tutti noi ora siamo qui, Cornacchie o no, designer come cinefili e storici, icononauti come fotografi e immaginifici, tutti noi che ci facciamo due domande sui colori e le forme delle nuvole. Il suo percorso artistico, la sua ricerca, la sua inesauribile emergenza di sperimentare e genialmente anticipare i tempi ci fa necessariamente suoi adepti e inserisce nella sua nidiata. Se non ci fosse stato Bowie non ci sarebbe stato molto di Andy Warhol, del POP e di tutto il postmoderno nel quale ci troviamo a sguazzare ora noi che possiamo essere hipster, emo, dark, punk o uno spennato Corvaldo. Tanto lui lo è stato prima e meglio, comunque.

Mi scuso, non volevo fare un apologia di David Bowie: non ne ho i mezzi e le mie piume sono ancora infreddolite dall'inutilizzo per i troppi mesi di letargo. Quello che vi chiedo di notare, di provare a percepire, è la sincerità di un'artista che non ha più niente da chiedere al mondo dell'Arte in quanto ne è già enorme parte - e secondo me leggenda - vivente ma che torna, partendo di nuovo da Berlino in un momento di grande confusione per tutti noi. Berlino aveva significato per Bowie una nuova stagione più colta e tecnologica rispetto al delirio della fase londinese di Ziggy Stardust. A Berlino aveva imparato e scelto altre strade, altri interni su giardini d'inverno e altre passeggiate per le strade di una città che non ha tempo se non il futuro e all'inizio degli anni '80 doveva sembrare pura potenza che aspettava di divenire atto.


                               (copertina di "Heroes", capolavoro berlinese del 1977)


L'Arte deve guidarci e questo sembra ben dire il singolo che da stamattina è disponibile un po' dappertutto. Bowie si chiede dove siamo adesso, a che punto siamo della rotta, quanto manca ad arrivare a una meta, a quel futuro che tanto sentiva e vedeva arrivare allora. Ripercorre le strade e le piazze, i passaggi e quei giardini che ha incontrato a Berlino e poi rincasa dove, commovente e commosso, in quelle immagini del video in cui appare in primo piano si mostra uomo, non più simbolo o icona. A man lost in time, si definisce, un uomo che guarda allo studio d'artista, metafora di tutta la strada percorsa e di tutto quello creato, che guarda alle marionette di Tony Oursler in cui spesso l'arte trasforma i propri adepti e figliocci. Dov'è Berlino adesso, pare chiedersi Bowie? Che fine ha fatto il futuro?



                 (la copertina di The Next Day, già l'album più atteso del 2013)


La scelta di tempo di David Bowie è ancora una volta meravigliosamente anticipatrice e veritiera, richiamo per noi uccellini di piccola taglia che ci chiediamo dove andare. Ci dice che dobbiamo continuare ad andare avanti e che quando saremo lì lo sapremo, nel perfetto istante in cui accadrà. Ma sarà già ora di ripartire di nuovo, portando con noi ciò che è necessario: il sole, la pioggia, noi stessi e quel qualcuno che può capire. Verso Berlino, ancora e ancora, simbolo di tutti noi. A bruciare futuro senza sosta come solo chi si domanda dei colori e delle forme delle nuvole sa e deve fare.

Buon compleanno David e sempre mai abbastanza grazie di tutto!


A presto dal trespolo di casa sua,

il Vostro più sincero e affezionato corvaldo


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